Green pass obbligatorio nei luoghi di lavoro

La Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro, con la circolare n. 15 del 2021, approfondisce le procedure operative che
la disciplina introdotta in materia di green pass nei luoghi di lavoro impone alle aziende e agli enti pubblici a decorrere
dal 15 ottobre 2021. Il documento di prassi si sofferma sulle modalità di tutela dei dati personali dei dipendenti
sottoposti al controllo, che va contemperata con la necessità di eseguire correttamente le verifiche e adottare gli
eventuali provvedimenti sanzionatori.

Nella circolare n. 15 del 14 ottobre 2021, la Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro prende spunto dai documenti
emanati dal Governo (Dpcm e Faq) per esaminare i connotati applicativi dell’obbligo di Green pass nei luoghi di lavoro,
studi professionali compresi.

Nel confermare l’obbligo della certificazione verde Covid-19 nei luoghi di lavoro, appare evidente la criticità
rappresentata dall’assenza di alternative, dalla necessità di garantire la riservatezza pressochè assoluta nelle procedure
di controllo.

Sia per i dipendenti pubblici che nel settore privato, è essenziale il possesso del green pass quale requisito necessario
per l’accesso ai luoghi di lavoro, ai fini di prevenire la diffusione del contagio. Ne consegue la piena responsabilità del
datore di lavoro per l’organizzazione efficace dei controlli ed ogni adempimento richiesto in caso di esito negativo
(divieto di ingresso, registrazione dell’assenza ingiustificata con diritto alla conservazione del posto di lavoro,
sospensione della corresponsione della retribuzione, segnalazione del fatto al Prefetto in caso di accertamento di
violazioni).

Tutela dei dati personali:
E’ rilevante la conferma, contenuta delle previsioni dei decreti emanati, della liceità della raccolta dei dati strettamente
necessari all’applicazione delle misure sanzionatorie. A fronte delle oggettive esigenze organizzative aziendali, è
consentito ai datori di lavoro di richiedere in anticipo rispetto alla prestazione lavorativa la comunicazione
dell’eventuale mancato possesso del Green pass.
Saranno inoltre messe a disposizione dei datori di lavoro di apposite piattaforme digitali, per consentire una verifica
quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni verdi in corso di validità del personale effettivamente in
servizio.

Esecuzione dei controlli sul luogo di lavoro:

Il soggetto incaricato eseguirà il controllo della validità della certificazione verde Covid-19 al momento dell’ingresso,
verificando il QR Code (digitale o cartaceo) della certificazione verde Covid-19 esibita.
A tal fine l’Incaricato potrà richiedere un documento di identità in corso di validità e accertare così la corrispondenza
dei dati.
E’ consentito l’accesso al luogo di lavoro del lavoratore sprovvisto di certificazione verde Covid-19, ma in possesso
di certificazione medica di esonero dalla campagna vaccinale per COVID-19.
La certificazione di esenzione sarà valida fino al 30 novembre 2021.
Nel caso in cui l’Incaricato dovesse rilevare lavoratori sprovvisti di certificazione verde Covid-19 o comunque non valida,
provvederà a darne comunicazione al responsabile area risorse umane, affinchè possa essere attivata la procedura
di assenza ingiustificata del lavoratore e per la formalizzazione delle indicazioni al lavoratore per normalizzare la propria
posizione. L’ Incaricato non conserverà alcuna informazione relativamente alle attività di verifica delle certificazioni
verdi Covid-19.

Minimali e massimali retributivi: valori aggiornati per il 2022

Nella circolare n. 15 del 2021, l’INPS aggiorna per il 2022 i valori minimali e massimali di retribuzione che costituiscono
la base contributiva per la generalità dei lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato, inclusi gli sportivi
professionisti e il personale dirigente delle aziende sanitarie e ospedaliere. Il documento di prassi specifica anche le
modalità di calcolo da applicare ai rapporti di lavoro part-time e i valori di riferimento da utilizzare per il versamento dei
contributi dei lavoratori a domicilio.

Nella circolare n. 15 del 28 gennaio 2022, l’INPS specifica i valori rivalutati del minimale di retribuzione giornaliera, del
massimale annuo della base contributiva e pensionabile, del limite per l’accredito dei contributi obbligatori e figurativi,
nonché gli altri valori per il calcolo delle contribuzioni dovute in materia di previdenza e assistenza sociale per la
generalità dei lavoratori dipendenti iscritti alle gestioni private e pubbliche. La retribuzione da assumere come base per
il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito
da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base
nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d’importo superiore a
quello previsto dal contratto collettivo”.
Generalità dei lavoratori dipendenti

La variazione percentuale negli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, senza tabacchi,
tra l’anno 2021 e l’anno 2020, è pari a + 1,9%: ne deriva che la misura per l’anno 2022 del limite minimo di retribuzione
giornaliera e degli altri valori per il calcolo delle contribuzioni dovute per la generalità dei lavoratori dipendenti è pari a
€ 49,91 (9,5% dell’importo del trattamento minimo mensile di pensione a carico del Fondo pensioni lavoratori
dipendenti in vigore al 1° gennaio 2022, pari a € 525,38 mensili).
Retribuzioni convenzionali

Il limite minimo di retribuzione giornaliera per le retribuzioni convenzionali in genere è pari, per l’anno 2022, a € 27,73.
Per gli equipaggi delle navi da pesca è previsto un limite minimo di retribuzione giornaliera al quale fare riferimento ai
fini contributivi, pari per l’anno 2021 a € 27,73 ferma restando l’applicazione dei minimali di retribuzione, previsti dal
D.L. n. 402/1981, se superiori al minimale sopra specificato per le retribuzioni convenzionali.

Sgravio donne, giovani e decontribuzione Sud: fruizione ammessa fino al 30 giugno 2022

Arriva dall’INPS, con il messaggio n. 403 del 2022, il recepimento della proroga al 30 giugno 2022 della possibilità, per i
lavoratori aventi diritto, di fruire degli gravi contributivi ed esoneri per l’occupazione giovanile e femminile nonché per
la c.d. Decontribuzione sud. E’ quanto previsto dalla Commissione europea nell’ambito dei procedimenti autorizzativi
previsti ai sensi del temporary framework..

Nel messaggio n. 403 del 26 gennaio 2022, l’INPS torna ad occuparsi degli sgravi contributivi in vigore per i giovani, le
donne svantaggiate e i rapporti di lavoro aventi sede nelle Regioni del Mezzogiorno.

Si tratta degli esoneri concessi dalla Legge di bilancio 2021 ai sensi della disciplina che regola il “Quadro temporaneo
per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19” (c.d.Temporary
Framework), soggetti all’autorizzazione della Commissione europea.

Sono prorogati al 30 giugno 2022 le autorizzazioni rilasciate dalla Commissione europea per:
– la decontribuzione Sud;
– l’esonero per le assunzioni/trasformazioni a tempo indeterminato effettuate entro il 31 dicembre 2021;
– l’esonero per le assunzioni/trasformazioni effettuate entro il 31 dicembre 2021.
Agenzie di somministrazione

Ai fini della corretta esposizione dei benefici riguardanti le agenzie di somministrazione, relativamente alla posizione
per i lavoratori assunti per essere impegnati presso l’impresa utilizzatrice (posizione contributiva contraddistinta dal
CSC 7.07.08 e dal CA 9A) l’INPS precisa che, anche per la Decontribuzione Sud, come già indicato per l’esonero giovani
e per l’esonero donne, dovrà essere concatenato alla data di assunzione/trasformazione il numero di matricola
dell’azienda utilizzatrice, nel seguente formato AAAAMMGGMMMMMMMMMM

Assumere un percettore di reddito di cittadinanza: quanto risparmia il datore di lavoro

I datori di lavoro che instaurano nuovi rapporti di lavoro con soggetti percettori di reddito di cittadinanza possono fruire di un esonero specifico commisurato all’importo e alla durata dell’indennità cui ha diritto il lavoratore. Lo sgravio si estende anche alla quota contributiva a carico del dipendente e, grazie alle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2022, può essere fruito anche se il nuovo rapporto di lavoro è in apprendistato o a termine. Quanto può effettivamente risparmiare il datore di lavoro?

La legge di Bilancio 2022 (l. n. 234/2021) ha potenziato l’agevolazione spettante ai datori di lavoro privati che assumono soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza. Si tratta di una previsione orientata alla promozione dell’occupazione attraverso un esonero fruibile in rapporto all’indennità non ancora percepita dal soggetto avente diritto.

Chi: L’esonero si applica, a partire dal 1° gennaio 2022, a tutte le assunzioni a tempo indeterminato, pieno o parziale, o determinato o anche mediante contratto di apprendistato, effettuate da tutti i datori di lavoro privati. La possibilità di fruire del beneficio, infatti, spetta a prescindere dalla circostanza che assumano o meno la natura di imprenditore, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo.

Attenzione

Il datore di lavoro deve essere in regola con il DURC, la normativa vigente in materia di sicurezza del lavoro e i limiti del “de minimis”, nonché rispettare i principi generali per la fruizione dei benefici contributivi.

Cosa: La misura riconosce al datore di lavoro la possibilità di godere di un esonero del versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con l’esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, in misura pari all’importo mensile del reddito di cittadinanza percepito dal lavoratore all’atto dell’assunzione. Restano esclusi dalla misura:

– i premi INAIL (art. 8 del D.L. n. 4/2019 conv. l. n. 26/2019);

– il contributo al Fondo di Tesoreria;

– il contributo al fondo di integrazione salariale e ai fondi di solidarietà bilaterali;

– il contributo destinato al finanziamento dei fondi interprofessionali per la formazione continua;

– il contributo di solidarietà sui versamenti destinati alla previdenza complementare e/o ai fondi di

assistenza sanitaria;

– il contributo di solidarietà per i lavoratori dello spettacolo e gli sportivi professionisti.

In ogni caso lo sgravio mensile non può:

– essere superiore a 780 euro;

– eccedere l’ammontare totale dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro e del lavoratore assunto per le mensilità incentivate, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL.

E’ altresì previsto un meccanismo di decalage che comporta la riduzione dell’indennità spettante nella misura di 5 euro al mese in caso di rifiuto di un’offerta congrua di lavoro.

Attenzione

L’incentivo è riconosciuto al datore di lavoro, ma si estende alla quota contributiva a carico del lavoratore.

Come: Per avere diritto allo sgravio, l’azienda deve assumere un percettore del reddito di cittadinanza, stipulando altresì, ove necessario, un patto di formazione con il quale viene garantito al beneficiario percettore del RdC un percorso formativo o di riqualificazione professionale. Il suddetto patto va sottoscritto presso un centro per l’impiego. La legge di Bilancio 2022 ha semplificato la procedura di richiesta del beneficio, rispetto alla quale si attendono nuove istruzioni dall’INPS. La fruizione avviene su base mensile con esposizione in UniEmens dell’incentivo spettante.

Attenzione

Nel caso in cui il soggetto sia stato assunto a seguito di specifica attività di mediazione effettuata da un’agenzia privata per il lavoro, questa riceverà il 20% dell’incentivo spettante al datore di lavoro. In tal caso, quindi, si avrà diritto a un bonus pari all’80% dell’importo del reddito di cittadinanza percepito al momento dell’assunzione, mentre il restante 20% andrà all’agenzia per il lavoro.

Quando: Lo sgravio contributivo spetta per un periodo pari alla differenza tra le 18 mensilità e quanto già goduto dal beneficiario stesso.

Calcola il risparmio

Ipotesi di assunzione di un soggetto che percepisce il reddito di cittadinanza da 4 mesi.

Il datore di lavoro che occupa 12 dipendenti e assume a partire dal 10 febbraio 2022 un percettore di reddito di cittadinanza per euro 600 al mese, inquadrandolo al livello 2 del CCNL Calzature industria, con retribuzione mensile pari a 1.584 euro.

Il lavoratore ha già percepito l’indennità per 4 mesi, dunque lo sgravio spetterà per il residuo periodo pari a 14 mesi. L’ammontare dello sgravio è pari al minor valore tra il reddito di cittadinanza spettante al lavoratore e i contributi mensilmente dovuti, con un tetto massimo di 780 euro.

Per rapporti iniziati nel corso del mese il beneficio viene fruito per i giorni effettivi del mese stesso, essendo la quota giornaliera pari ad un trentunesimo del beneficio teoricamente spettante in una mensilità intera.

Risparmio %

Dall’esame dei dati è possibile desumere che il datore di lavoro che decide assumere un percettore del reddito di cittadinanza può conseguire un risparmio sul costo del lavoro mensile pari al:

– 22% se il contratto è a tempo indeterminato;

– 55%, se il contratto è in apprendistato.

Per una più completa valutazione del risparmio va tenuta presente anche la durata della misura incentivante, oltre che dell’aliquota contributiva propria dell’apprendistato che si applica, nel settore industriale, per tre anni con l’aggiunta di ulteriori 12 mesi in caso di prosecuzione del rapporto al termine del periodo formativo.

Lavoratrici madri: parità di genere retributiva certificata e nuovi sgravi contributivi

Con il nuovo anno arrivano una serie di misure volte al rafforzamento delle tutele in favore delle donne che lavorano. Oltre alla stabilizzazione del congedo obbligatorio spettante ai padri che lavorano, il Governo, con la legge di Bilancio 2022, punta alla parità di genere sotto il profilo retributivo e delle opportunità, introducendo un’apposita certificazione e un piano strategico dedicato. In particolare, poi, si prevede per la prima volta uno sgravio applicabile unicamente sulla contribuzione trattenuta alla lavoratrice dipendente anzichè a beneficio del datore di lavoro.

Sono molteplici le misure previste dalla legge di Bilancio 2022 (l. n. 234/2021) a tutela della genitorialità e del lavoro delle donne. A partire dal Fondo per il sostegno alla parità salariale di genere, passando per le norme per il congedo dei neopapà, fino allo sgravio contributivo per le lavoratrici madri. Quest’ultimo, in particolare, si sostanzia in un beneficio che, per la prima volta, non incide sul costo del lavoro ma è volto unicamente a incrementare la retribuzione netta spettante alla dipendente, senza alcun aggravio per le aziende.

Certificazione di parità

Si prevede lo stanziamento di 2,5 milioni di euro per la predisposizione di una certificazione aziendale sulla parità di genere nel mercato del lavoro che tenga conto anche delle retribuzioni effettivamente erogate. Possono ottenere la certificazione i datori di lavoro, sia pubblici che privati, al fine di usufruire di bonus o benefici contributivi che saranno definiti dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro con delega per le pari opportunità, tramite un decreto di prossima emanazione.

Decontribuzione lavoratrici madri

In via sperimentale per l’anno 2022, verrà riconosciuto uno sconto del 50% per 12 mesi sul versamento dei contributi previdenziali a carico delle lavoratrici madri dipendenti del settore privato.

In via ordinaria, i contributi a carico dei lavoratori sono determinati applicando sulla retribuzione lorda imponibile l’aliquota del:

– 9,19%, per i dipendenti di aziende non rientranti nel campo di applicazione delle integrazioni salariali;

– 9,49%, nel caso in cui l’azienda possa usufruire della CIG;

La restante contribuzione di base, pari al 23,81%, è posta a carico del datore di lavoro. A questa aliquota, definita IVS di base, si aggiungono le seguenti:

  1. A) per settori specifici di attività:

– Fondo di quiescenza degli iscritti all’Istituto Postelegrafonici IPOST (32,65%);

– Fondo Volo (a seconda dell’anzianità assicurativa e dell’adesione o meno a fondi complementari di previdenza: 38%, 37,70%, 40,82%);

– Fondo Pensioni Lavoratori Spettacolo (solo per ballerini, tersicorei, coreografi e assistenti coreografi iscritti successivamente al 31 dicembre 1995: 35,70%);

  1. B) a finanziamento delle prestazioni assistenziali:

– Naspi: 1,61% (per i rapporti a termine +1,40%);

– malattia (misura variabile in base al settore): 2,22% – 3,21%;

– maternità (misura variabile in base al settore): 0,24% – 0,46%;

– assegno per il nucleo familiare: 2,48%;

– fondo di garanzia TFR: 0,20%;

– Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (brevi sospensioni attività produttiva): 1,70% – 4,70%;

– Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (crisi e ristrutturazioni): 0,90%;

– Fondi di solidarietà o Fondo di Integrazione Salariale: 0,45% – 0,65%.

A queste aliquote contributive non si applica alcuno sgravio, dunque non è previsto alcun beneficio a favore del datore di lavoro. L’agevolazione prevista per il rientro in servizio delle lavoratrici madri ha una durata di 12 mesi a partire dal rientro nel posto di lavoro al termine della fruizione del congedo obbligatorio di maternità.

 

Esempio di calcolo del beneficio contributivo della lavoratrice:

 

Stipendio lordo imponibile contributivo: 1.800 euro

Trattenuta contributiva ordinaria (9,19%): 165,42 euro

Trattenuta contributiva agevolata (4,59%): 82,71 euro

Stipendio netto imponibile fiscale:

Misura ordinaria: 1.634,58 euro

Misura agevolata: 1.717,29 euro

 

Piano strategico nazionale per la parità di genere

Infine, si prevede che iI Presidente del Consiglio dei ministri o l’Autorità politica delegata per le pari opportunità, con il contributo delle associazioni di donne impegnate nella promozione della parità di genere e nel contrasto alla discriminazione delle donne, realizzino un “Piano strategico nazionale per la parità di genere”, in coerenza con gli obiettivi della Strategia europea per la parità di genere 2020-2025. A tal fine, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità è incrementato di 10 milioni di euro a decorrere dal 2022. L’obiettivo dichiarato è “definire una serie di buone pratiche per combattere gli stereotipi di genere, colmare il divario di genere nel mercato del lavoro, raggiungere la parità nella partecipazione ai diversi settori economici, affrontare il problema del divario retributivo e pensionistico e colmare il divario e conseguire l’equilibrio di genere nel processo decisionale”. Appositi decreti ministeriali avranno il compito di istituire:

– una Cabina di regia interistituzionale;

– un Osservatorio nazionale per l’integrazione delle politiche per la parità di genere partecipato dalle associazioni, dalle consigliere di parità e dalle organizzazioni sindacali, con funzioni di monitoraggio, analisi, studio e proposta dei possibili strumenti per dare attuazione alle indicazioni del Piano;

– un Tavolo di lavoro sulla “certificazione di genere alle imprese”

– una piattaforma di raccolta di dati e di informazioni sulla certificazione, nonché di albo degli enti accreditati.

Congedo di paternità

La legge di Bilancio 2022 rende inoltre strutturali i 10 giorni di congedo obbligatorio di paternità già previsti in via sperimentale dalla manovra dello scorso anno, fruibili entro 5 mesi dalla nascita del figlio o dall’ingresso dello stesso in famiglia/in Italia nei casi di adozione nazionale/internazionale o affidamento.

 

Obbligo vaccinale e sospensione dal lavoro: le decisioni dei giudici nazionali in attesa della Corte UE

Nell’ottica di contrastare la diffusione del Covid-19 e di incentivare la campagna vaccinale, il Governo ha esteso sempre più l’obbligo vaccinale alle professioni che rivestono un ruolo di rilievo nella società per la tutela della salute pubblica. Con il D.L. n. 1 del 2022, l’obbligo vaccinale viene correlato non solo alla professione svolta, ma anche all’età anagrafica. Le corti di merito ed amministrative nazionali si sono tendenzialmente espresse in favore dell’obbligo, facendo prevalere l’esigenza di tutela dell’interesse pubblico rispetto al diritto individuale ad autodeterminarsi. Non sono, tuttavia, mancate pronunce in senso opposto. Si attende, pertanto, la decisione della Corte di Giustizia UE sul rinvio pregiudiziale proposto nel dicembre 2021 dal Tribunale di Padova, che potrebbe ribaltare l’orientamento interpretativo finora prevalente. L’obbligo vaccinale è stato originariamente limitato dal D.L. n. 44/2021 ai soli esercenti le professioni sanitarie, operatori sanitari di strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali. In seguito, è stato progressivamente esteso ad altre categorie professionali, poiché ritenute di rilievo al fine della tutela della salute pubblica. Il D.L. n. 122/2021 ha così ampliato lo spettro di applicazione dell’obbligo vaccinale, estendendolo a tutti i lavoratori impiegati nelle strutture sanitarie, socio-sanitarie e socio assistenziali. Successivamente, con il D.L. n. 172/2021 (approvato in via definitiva dalla Camera nella seduta del 20 gennaio 2022), l’obbligo vaccinale è stato esteso anche ai docenti e al personale amministrativo della scuola, ai militari, alle forze dell’ordine (compresa la polizia municipale e la polizia penitenziaria) e al personale del soccorso pubblico.

Regole aggiornate sull’obbligo vaccinale: Da ultimo, il D.L. 7 gennaio 2022, n. 1, prevede l’obbligatorietà della vaccinazione per tutti i cittadini italiani e di altri Stati membri dell’Unione Europea residenti in Italia, che abbiano compiuto i 50 anni di età o che compiano 50 anni di età entro il 15 giugno 2022 (art. 1), oltre che per il personale delle università, delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica e degli istituti tecnici superiori (art. 2).

Rifiuto del vaccino: Salvo coloro che sono in possesso di certificato di esenzione o differimento dall’obbligo vaccinale, in caso di inottemperanza all’obbligo, non si prevede la possibilità di adibizione a mansioni diverse. L’inadempimento dell’obbligo vaccinale determina l’immediata sospensione dal diritto di svolgere l’attività lavorativa, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Infine, l’emendato obbligo vaccinale ricomprende anche la dose “booster”. Il tema del rifiuto del vaccino anti-Covd19 da parte dei lavoratori è stato affrontato dalla giurisprudenza del lavoro ed amministrativa già ben prima dell’introduzione dell’obbligo vaccinale a carico del personale sanitario. Tutte le pronunce che si segnalano postulano la preminenza della tutela dell’interesse pubblico quale fondamento giustificativo dell’obbligo vaccinale.

Giurisprudenza di merito: Il Tribunale di Belluno, con ordinanza del 19 marzo 2021, n. 12, ha respinto il ricorso di alcuni operatori sanitari posti in ferie retribuite dal datore dai lavoro per aver rifiutato di vaccinarsi. La stringata ordinanza fonda la ratio decidendi sul fatto che i ricorrenti sono impiegati in mansioni a contatto con persone che accedono al loro luogo di lavoro. Il Tribunale di Modena, con ordinanza del 19 maggio 2021, ha affermato che la mancata e non giustificabile collaborazione del prestatore di lavoro alla creazione di un ambiente di lavoro salubre e sicuro per sé e per gli altri (mediante la scelta di non sottoporsi ad un trattamento sanitario utile a limitare gli effetti negativi dell’emergenza pandemica in atto – come il vaccino anti Covid -) costituisce un contegno sufficiente ad incidere sul sinallagma, tanto da giustificare una modifica delle mansioni in concreto affidate, finanche la temporanea sospensione del rapporto di lavoro: “la protezione e la salvaguardia della salute dell’utenza rientra nell’oggetto della prestazione esigibile. Tutela della salute dell’utenza, penetrata nella struttura del contratto tanto da qualificare la prestazione lavorativa, che non può che attuarsi (anche) mediante la sottoposizione al trattamento sanitario del vaccino contro il virus Sars CoV-2. Con la conseguenza per cui un ingiustificato contegno astensivo rende la prestazione (ove tramontata la possibilità di ricollocamento aliunde) inutile, irricevibile da parte del datore di lavoro poiché inidonea al soddisfacimento dell’interesse creditorio e alla realizzazione del sinallagma, così come obiettivizzatosi nel regolamento contrattuale”. Del pari, il Tribunale di Verona, con ordinanza del 24 maggio 2021, sempre in un’ottica di prevalenza dell’interesse degli assistiti nella comparazione delle tutele, ha respinto la domanda cautelare di reintegra di una dipendente con qualifica di OSS-operatore sociosanitario di una Rsa, posta in aspettativa non retribuita, perché rifiutava il vaccino anti-Covid. Anche il Tribunale di Roma, con ordinanza del 28 luglio 2021, ha dichiarato legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione della dipendente di una Rsa per rifiuto del vaccino perché in contatto con ricoverati “fragili”. In questo caso, però, il provvedimento fa perno sul giudizio del medico competente di inidoneità alla mansione. Infine, si segnala la pronuncia del Tribunale Genova, Sez. Lav., del 6 ottobre 2021, ai sensi della quale, a seguito della mancata vaccinazione anti Covid-19, non è l’esistenza del diritto ad essere pregiudicata, bensì l’attuazione concreta dello stesso. In altre parole, il diritto del lavoratore al lavoro (e alla libera espressione delle proprie scelte) non viene negato, ma solo compresso, per un determinato periodo di tempo.

Giurisprudenza amministrativa: Sul fronte della giurisprudenza amministrativa, tra le tante, si segnalano i decreti gemelli del 2 settembre 2021 n. 4531 e n. 4532, con i quali i giudici amministrativi del Tar del Lazio hanno ribadito che il diritto alla salute propria non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, in quanto deve essere correlato e contemperato con gli altri fondamentali interessi pubblici, quali quello attinente alla salute pubblica. Appare netto, poi, l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, che, con decreto n. 6401 del 2 dicembre 2021, ha rilevato come “la prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cd. “giuramento di Ippocrate” – tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio dell’attività professionale entri in diretto contatto. Del resto, soltanto la massiva vaccinazione anche ed anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti; quanto ora sottolineato, anche sotto il profilo del danno irreparabile, indica che, semmai, esso sarebbe incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dall’operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l’erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione”.

Pronunce discordanti: Per completezza, si richiama, il decreto 22 novembre 2021, con il quale il Tribunale di Velletri ha disposto, inaudita altera parte, “l’immediata ricollocazione” in servizio “e l’erogazione dello stipendio” in favore di una dipendente di un’Azienda Sanitaria Locale sospesa dal servizio, senza retribuzione, ai sensi dell’art. 4, c. 8, del D.L. n. 44/2021, sul presupposto che la presenza al lavoro della ricorrente (operatrice sanitaria che aveva manifestato espressamente il proprio rifiuto a sottoporsi alla vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da Sars-CoV-2) non comporterebbe il rischio di diffusione del contagio da Sars-CoV-2. Nel ricorso, la lavoratrice ha anche espressamente manifestato la propria disponibilità all’esibizione della c.d. “Carta Verde”, evidentemente ottenuta sulla scorta dell’effettuazione periodica di tamponi per il controllo dell’infezione.

Attendendo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea: Ora, con l’ordinanza 7 dicembre 2021, il Giudice del Lavoro del Tribunale di Padova ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea sette quesiti legati a diverso titolo all’obbligo vaccinale per gli esercenti professioni sanitarie.

Fatti di causa: Il caso da cui è originato il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea vede come protagonisti un’infermiera (contagiata e guarita dal Covid-19) e l’Azienda Ospedaliera Universitaria per la quale lavora. In seguito al rifiuto vaccinale, e valutata l’impossibilità di adibirla ad altre mansioni, l’Azienda ha sospeso la dipendente dal servizio. Avverso tale provvedimento, l’operatrice sanitaria ha proposto ricorso d’urgenza, chiedendo la reintegra nel posto di lavoro. Il Giudice del lavoro ha, quindi, sospeso ogni decisione e rinviato ai Giudici di Lussemburgo, ponendo ben sette quesiti.

 

Conclusioni: È evidente che, al di là dell’orientamento delle Corti nazionali, la risposta della Corte di Giustizia Europea rappresenterà un precedente decisivo ai fini del riconoscimento o meno del diritto per il personale sanitario – e più in generale per tutte le categorie di lavoratori soggetti all’obbligo vaccinale – ad opporsi all’inoculazione del vaccino anti-Covid.

Fringe benefit: dal 2022 il limite di esenzione fiscale ritorna alle “origini”

Per il 2022 nessun raddoppio del limite di esenzione fiscale per i fringe benefit. A partire dal 1° gennaio, il plafond individuale per il lavoratore torna al valore ordinario di 258,23 euro, con la conseguenza che le imprese dovranno ridefinire la propria politica di benefit nei riguardi dei propri collaboratori. In particolare, il datore di lavoro, al fine di verificare il limite di esenzione previsto dalla norma, dovrà necessariamente tener conto non solo del valore di tutti i benefit riconosciuti al lavoratore, come ad esempio l’autovettura ad uso promiscuo, ma anche del controvalore dell’eventuale welfare previsto dalla contrattazione collettiva. Viene meno così una “spinta” importante agli investimenti delle imprese nel welfare aziendale. Con il 31 dicembre 2021 è venuto meno il particolare “bonus” previsto per il 2020 e confermato per il 2021 del raddoppio del limite di esenzione fiscale e contributivo a 516,46 euro annui per il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dal datore di lavoro ai lavoratori di cui all’art. 51, comma 3, del TUIR. A decorrere pertanto dal 1° gennaio 2022, il plafond individuale per il lavoratore torna al valore ordinario di 258,23 euro con la conseguenza che le aziende dovranno ridefinire la propria politica di benefit nei riguardi dei propri collaboratori.

Il particolare regime per gli anni 2020 e 2021: Al fine di attenuare gli effetti negativi sulla capacità di spesa dei lavoratori colpiti dalle sospensioni o riduzioni di lavoro con intervento degli ammortizzatori sociali Covid-19, già per l’anno 2020 il Governo, con il D.L. n. 104/2020 (convertito in l. 126/2020) aveva previsto, per il solo periodo di imposta 2020, l’innalzamento a 516,46 euro del limite di esenzione fiscale e contributiva dei beni ceduti e dei servizi prestati dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 51, comma 3, TUIR. La misura, sperimentale, è stata poi confermata e prorogata anche per l’anno 2021: con la l. n. 69/2021 di conversione del D.L. n. 41/2021 (decreto Sostegni) si è infatti previsto l’estensione per tutto lo scorso anno del limite annuo a 516,46 euro.

Il ritorno alle “origini” dal 1° gennaio 2022: In molti si aspettavano un ulteriore proroga o addirittura una stabilizzazione del particolare beneficio anche per il 2022 con la legge di Bilancio 2022 (l. n. 234/2022); in realtà, non è stata una delle misure con-template dal legislatore, con la conseguenza che a decorrere dal 1° gennaio 2022 si ritorna ai valori originali previsti dal TUIR ovvero all’ammontare di 258,23 euro su base annua. L’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 del TUIR dispone un limite di rilevanza generale dei fringe benefits nell’ambito della formazione del reddito di lavoro dipendente, pari ad euro 258,23 annui. Con la circolare n. 326/E del 23 dicembre 1997 l’Amministrazione finanziaria ha fornito importanti indicazioni sull’ammontare e sui limiti, precisando che:

– se il limite viene superato nel corso del periodo di imposta, l’importo concorre integralmente alla formazione del reddito. Pertanto, il valore di 258,23 euro non opera come una “franchigia” esente da imposizione, bensì da vero e proprio limite assoluto oltre il quale l’intero benefit viene assunto a tassazione;

– tale limite è di carattere generale e vale, dunque, anche con riferimento ai beni che sono indicati nel comma 4 dell’art. 51, con riferimento ai quali, sono previsti degli specifici criteri di forfettizzazione;

– il limite di esenzione è sempre applicabile ed in presenza di più benefits determinati con criteri differenti, occorre procedere alla somma dei valori ottenuti e verificare il superamento della soglia;

– la verifica che il valore sia superiore complessivamente nel periodo di imposta a 258,23 euro va effettuata con riferimento agli importi tassabili in capo al percettore del reddito e dunque al netto di quanto eventualmente corrisposto dal dipendente con il metodo del versamento o della trattenuta e comprensivo dell’eventuale IVA a carico dello stesso, per tutti i beni e servizi di cui ha fruito nello stesso periodo di imposta;

– la verifica della soglia di esenzione va fatta tenendo conto di tutti i redditi percepiti, anche se derivanti da altri rapporti di lavoro eventualmente trattenuti nel corso dello stesso periodo di imposta;

– in sede di applicazione delle ritenute di acconto, il datore di lavoro in qualità di sostituto di imposta terrà conto di tutti i valori che sono stati percepiti nel corso di rapporti intrattenuti con lui. Inoltre, se il lavoratore ha chiesto di conguagliare altri redditi di lavoro dipendente o assimilati, si dovrà tenere conto anche dei valori percepiti nel corso di altri rapporti;

– il sostituto di imposta deve applicare la ritenuta nel periodo di paga in cui viene superata la soglia di 258,23 euro. Peraltro, qualora risulti chiaro che il valore del bene o del servizio supera 258,23 euro, in considerazione dell’intero periodo di imposta, la ritenuta andrà applicata sin dal primo periodo di paga.

Plafond esente anche ad personam: A differenza di altri beni e servizi per i quali la legge subordina l’esenzione, parziale o totale sia fiscale che previdenziale, all’offerta o messa a disposizione alla generalità dei dipendenti o categorie omogenee, nel caso dei beni e servizi fino a 258,23 (516,46 per il 2021) questi possono essere riconosciuti anche al singolo lavoratore come trattamento “ad personam”. L’importante chiarimento è stato fornito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 59/E del 22 ottobre 2008, paragrafo 16; In particolare l’Agenzia ha chiarito che “Ai sensi del citato comma 3 dell’art. 51, peraltro, l’esclusione dal reddito opera anche se la liberalità è erogata ad un solo dipendente non essendo più richiesto che l’erogazione liberale sia concessa in occasione di festività o ricorrenze alla generalità o a categorie di dipendenti, fermo restando che se il valore in questione è superiore a detto limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito. Al riguardo si ritiene che tale disposizione da una parte consente di continuare ad agevolare talune forme di liberalità in natura di modico valore offerte usualmente ai dipendenti (come quelle le-gate alle festività) e, dall’altra, non è lesiva degli interessi erariali in quanto resta vincolata al rispetto dei limiti dettati dall’articolo 51 del TUIR.”

Attenzione al welfare contrattuale: Come visto sopra, il limite di 258,23 euro su base annua riguarda tutti i beni ceduti e i servizi prestati dal datore di lavoro ai lavoratori. Pertanto, al fine di verificare il limite di esenzione previsto dalla norma, sarà necessario tener conto non solo del valore di tutti i benefit riconosciuti al lavoratore (ad esempio l’autovettura ad uso promiscuo) ma anche del controvalore dell’eventuale welfare previsto dalla contrattazione collettiva (nazionale o aziendale) o da politiche di welfare aziendali. Per esempio, il C.C.N.L. metalmeccanica industria, rinnovato lo scorso anno, ha confermato la messa a disposizione di strumenti di welfare ai lavoratori a decorrere dal 1° giugno di ciascun anno del valore di 200 euro da utilizzare entro il 31 maggio dell’anno successivo. Tra le esemplificazioni riportate dallo stesso contratto, alla voce “Beni e servizi in natura”, sono riportati

– buoni spesa per generi alimentari;

– buoni spesa per shopping (es. commercio elettronico);

– buoni spesa per acquisti vari;

– buoni carburante;

– ricariche telefoniche

Pertanto, il datore di lavoro che dovesse erogare il plafond contrattuale di 200 euro sotto forma di buoni carburanti, avrà potenzialmente a disposizione il solo importo residuale di 58,23 euro per riconoscere ulteriori beni e servizi in natura per restare entro la soglia di esenzione annua prevista dal TUIR. Qualora tra welfare contrattuale e welfare aziendale si dovesse superare il limite/contatore di 258,23 annui, si dovrà applicare la ritenuta nel periodo di paga in cui viene superata la soglia su tutto l’importo e non solo sulla parte di importo che supera il limite di esenzione.

Esempio

Ipotizziamo di calcolare i diversi scenari nel caso in cui il datore di lavoro eroghi 200,00 euro come welfare contrattuale mediante buoni benzina e ulteriori beni e servizi come welfare aziendale o welfare ad personam, comparando le diverse regole in vigore per il biennio 2020/2021 e per il 2022.

 

Anno 2020/2021 2022
Soglia di esenzione di beni e servizi in natura 516,46 euro 258,23 euro
Buoni benzina welfare contrattuale 200,00 euro 200,00 euro
Plafond a disposizione per welfare aziendale o welfare ad personam 316,46 euro 58,23 euro

 

Sgravio alternativo alla CIG Covid-19: a chi spetta e quando chiederlo

Via libera alle domande di autorizzazione e alla fruizione dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali introdotto dalla legge di
Bilancio 2021 per le aziende che, durante lo scorso anno, non hanno richiesto trattamenti di integrazione salariale Covid-19. A seguito
dell’avvenuta autorizzazione della misura da parte dell’UE, l’INPS ha riepilogato le condizioni di spettanza dell’esonero e fornito
indicazioni per la presentazione della relativa istanza e l’esposizione in denuncia contributiva dello sgravio. Come si procedere? E’
finalmente operativa e applicabile la disciplina dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali spettante alle aziende (messaggio
INPS, n. 197/2022) che, avendo fruito dei trattamenti di integrazione salariale Covid-19 nei mesi di maggio e giugno 2020, non hanno
ulteriori ammortizzatori sociali ai sensi della legge di Bilancio 2021. L’efficacia della disposizioni riguardante l’esonero è stata infatti
subordinata all’autorizzazione della Commissione europea, pervenuta con la Decisione C(2021) 9334 final dell’8 dicembre 2021.

Requisiti dei datori di lavoro:

Possono accedere al beneficio tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, con la sola
esclusione di quelli operanti nel settore agricolo. Il diritto alla legittima fruizione dell’esonero contributivo è subordinato al rispetto delle
norme poste a tutela delle condizioni di lavoro e dell’assicurazione obbligatoria dei lavoratori e ai seguenti requisiti:
– regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale, ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva
(DURC);
– assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;
– rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Con riferimento alle operazioni straordinarie, l’INPS ha chiarito che:
– in caso di cessione di ramo di azienda, il diritto alla fruizione dell’esonero in trattazione permane in capo al datore di lavoro cedente,
senza alcun trasferimento in capo al cessionario della possibilità di fruire dello stesso.
– in caso di fusione (sia per unione che per incorporazione), l’esonero, in virtù del fatto che l’azienda che ha fruito dei trattamenti di
integrazione salariale nei mesi di maggio e/o giugno 2020 attua, con tale operazione, un percorso di unione, potrà essere fruito dalla
società risultante dal processo di unione/incorporazione.

Misura dell’esonero:

L’ammontare dell’esonero è pari alla contribuzione piena a carico del datore di lavoro non versata in relazione
alle ore di fruizione dei trattamenti di integrazione salariale nei mesi di maggio e/o giugno 2020, con esclusione dei premi e contributi
dovuti all’INAIL. In ogni caso, la quota di esonero fruibile non potrà essere superiore alla contribuzione astrattamente dovuta nei mesi di
fruizione, senza tener conto di eventuali agevolazioni contributive spettanti nella suddetta mensilità. L’esonero è cumulabile, restando
applicabile in via residuale, con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della
contribuzione previdenziale dovuta e a condizione che per gli altri esoneri di cui si intenda fruire non sia espressamente previsto un
divieto di cumulo con altri regimi, come previsto, ad esempio, in riferimento all’incentivo strutturale all’occupazione giovanile o per
l’incentivo “Io lavoro”.
Istanza di attribuzione del codice di autorizzazione: I datori di lavoro aventi diritto devono trasmettere per via telematica
all’INPS una istanza preventiva, tramite la funzionalità “Contatti” del “Cassetto previdenziale” alla voce “Assunzioni agevolate e sgravi”,
l’istanza “Az. beneficiaria sgravio art.1 c. 306 L.178/2020” per l’attribuzione del codice di autorizzazione “2Q”. In essa il datore di lavoro
dichiara di avere usufruito, nel periodo maggio-giugno 2020, delle specifiche tutele di integrazione salariale con causale Covid-19, nonché
dovranno indicare l’importo dell’esonero di cui intendono avvalersi.

N.B. La richiesta di attribuzione del codice di autorizzazione “2Q” deve essere inoltrata prima della trasmissione della denuncia
contributiva relativa al primo periodo retributivo in cui si intende esporre l’esonero.

Esposizione a conguaglio in Uniemens: I datori di lavoro interessati devono esporre nel flusso Uniemens di competenza dei mesi
di gennaio, febbraio e marzo 2022 le quote di sgravio spettanti, valorizzando:
– all’interno di “DenunciaAziendale”, “AltrePartiteACredito”, nell’elemento “CausaleACredito” il nuovo codice causale “L906”;
– nell’elemento “ImportoACredito”, il relativo importo.
I datori di lavoro interessati che non abbiano già provveduto all’invio di flussi regolarizzativi, valorizzeranno all’interno di
“DenunciaIndividuale”, “AltreADebito”:
– nell’elemento “CausaleADebito” il nuovo codice causale “M904”;
– nell’elemento “ImportoADebito”, indicheranno il relativo importo.

I datori di lavoro che hanno sospeso o cessato l’attività, per recuperare lo sgravio spettante, dovranno avvalersi della procedura delle
regolarizzazioni contributive (Uniemens/vig), chiedendo l’attribuzione del codice “2Q” in relazione ai mesi oggetto di regolarizzazione.

Esposizione a conguaglio in Lista PosPA:

I datori di lavoro iscritti alla Gestione pubblica autorizzati alla fruizione dell’esonero, a
partire dal flusso Uniemens-ListaPosPA di gennaio 2022 e fino a quello del mese di marzo 2022, dovranno dichiarare, nell’elemento
“Contributo” della gestione pensionistica, la contribuzione piena calcolata sull’imponibile pensionistico del mese. Per esporre il beneficio
spettante dovrà essere compilato l’elemento “RecuperoSgravi” di “GestPensionistica”, secondo le modalità di seguito indicate:
– nell’elemento “AnnoRif” dovrà essere inserito l’anno di riferimento del beneficio;
– nell’elemento “MeseRif” dovrà essere inserito il mese di riferimento del beneficio;
– nell’elemento “CodiceRecupero” dovrà essere inserito il valore “26”;
– nell’elemento “Importo” dovrà essere indicato l’importo del contributo oggetto del beneficio.

Rinuncia all’esonero:

In caso di rinuncia all’esonero e contestuale presentazione della domanda per accedere ai trattamenti di
integrazione salariale l’INPS chiarisce che i datori di lavoro che abbiano fruito per intero dell’esonero previsto dal D.L. n. 104/2020,
possono ugualmente accedere al diverso esonero introdotto dal D.L. n. 137/2020, previa rinuncia a una quota dell’esonero stesso. I
datori di lavoro che intendono esercitare la facoltà di rinuncia devono procedere con la restituzione dell’esonero fruito esponendolo in
denuncia contributiva entro il termine di invio dei flussi contributivi relativi al mese di dicembre 2021, da trasmettere entro il 31 gennaio
2022. I datori di lavoro devono valorizzare all’interno di “DenunciaIndividuale”, “AltreADebito”:
– nell’elemento “CausaleADebito” il nuovo codice causale “M903”;
– nell’elemento “ImportoADebito”, il relativo importo.

I datori di lavoro con lavoratori iscritti alla Gestione pubblica che hanno già usufruito del suddetto esonero devono trasmettere per
l’ultimo periodo denunciato l’elemento V1 Causale 5, omettendo la compilazione di tale campo per la quota da restituire.

Bonus bebè e assegno di maternità: incostituzionale il requisito del permesso di lungo soggiorno per gli stranieri

La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme che subordinano la concessione agli stranieri extracomunitari del bonus
bebè e dell’assegno di maternità alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo. Lo ha anticipato la
Consulta con comunicato stampa del 12 gennaio 2022. Secondo la Corte, le disposizioni che disciplinano concessione dei due assegni
sono in contrasto con gli articoli 3 e 31 Cost. e con l’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La Corte costituzionale, riunita in camera di consiglio l’11 gennaio 2022, ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di cassazione sulla
disciplina del bonus bebè (art. 1, comma 125, legge n. 190/2014 e successive proroghe) e dell’assegno di maternità (art. 74, D.Lgs. n.
151/2001), ritenuta lesiva del principio di eguaglianza e della tutela della maternità perché subordina la concessione dei due assegni
agli stranieri extracomunitari alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo.

Le questioni sono tornate all’attenzione dei giudici costituzionali dopo la pronuncia della Corte di giustizia UE 2 settembre 2021, C350/20, che ha risposto ai quesiti posti il 30 luglio 2020 dalla Consulta con l’ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 182. La Corte di
Lussemburgo ha affermato che la normativa italiana non è compatibile:

– né con l’art. 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale,
– né con l’art. 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva n. 2011/98/UE, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini
degli Stati membri.

Con comunicato stampa del 12 gennaio 2022, in attesa del deposito della sentenza, la Consulta ha anticipato di aver
dichiarato incostituzionali le norme che escludono dalla concessione dei due assegni i cittadini di paesi terzi ammessi a fini lavorativi e
quelli ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di
durata superiore a sei mesi.

È stata dichiarata incostituzionale anche la medesima esclusione contenuta nelle proroghe del bonus bebè. La Corte costituzionale ha
ritenuto che le disposizioni censurate siano in contrasto con gli articoli 3 e 31 della Costituzione e con l’articolo 34 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea.

Premio di autoliquidazione 2021-2022: stabiliti i coefficienti per le quattro rate

L’INAIL pubblica i coefficienti utili per il pagamento in quattro rate del premio di autoliquidazione 2021-2022. I coefficienti sono da
moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata dell’autoliquidazione 2021/2022, sulla base del medio di interesse dei titoli
di Stato per l’anno 2021 già pubblicato dal Ministero dell’economia e delle Finanze, da utilizzare ai sensi dell’art. 44, comma 3, del DPR n.
1124/1965.
L’INAIL ha pubblicato con l’Istruzione operativa dell’11 gennaio 2022 i coefficienti per il pagamento in quattro rate del premio di
autoliquidazione 2021-2022.
Tasso di interesse: Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha pubblicato il tasso medio di interesse dei titoli di Stato per l’anno 2021.
Il tasso, pari allo 0,10%, è da utilizzare per il calcolo degli interessi da versare in caso di pagamento rateale del premio di
autoliquidazione.
Coefficienti: Sulla base di tale tasso si indicano i coefficienti da moltiplicare per gli importi della seconda, terza e quarta rata
dell’autoliquidazione 2021/2022. Essi tengono conto del differimento di diritto al primo giorno lavorativo successivo nel caso in cui il
termine di pagamento del 16 scada di sabato o di giorno festivo.
Tengono conto altresì della possibilità di effettuare il versamento delle somme che hanno scadenza tra il 1° e il 20 agosto, entro il 20
agosto e senza alcuna maggiorazione.

1° 16 febbraio 2022
2° 16 maggio 2022
3° 16 agosto 2022 –  22 agosto 2022 (pagamento posticipato per festività)
4°16 novembre 2022